Cerri e Cerri, jazz di padre in figlio
Siedono uno di fronte all' altro, quasi fossero rivali, ma c' e' qualcosa che li accomuna: sottili, eleganti, negli occhi la stessa ironia affettuosa. Franco Cerri da una parte, chitarrista storico del jazz italiano, e Stefano Cerri dall' altra, il figlio bassista da tempo entrato nel mondo di quella musica senza confini che attraversa stagioni e stili proprie delle generazioni piu' giovani. Hanno inciso un disco insieme: "Cerri e Cerri" (edito dalla Dire) nel quale si raccontano a vicenda in una sorta di viaggio nel tempo: "In a sentimental mood", un classico di Ellington, e siamo agli anni ' 40, "Con Alma", del rivoluzionario Gillespie, e siamo nel ' 50, "Corcovado" e "Chega de saudade" di Jobim col Bossa Nova del Sessanta e poi vecchi standard di Kern, di Rodgers, di Vernon Duke con l' aggiunta di due autori italiani, Tito Fontana con il suo sofisticato "Senza tempo" e Modugno con "Volare". "E stato un po' un rincorrerci a vicenda . racconta Franco ., io legato a un certo tipo di jazz dal quale non potro' piu' staccarmi, lui curioso di altre cose, anche della canzone, eppure jazzista almeno quanto lo sono io che ho cominciato nel 1945 suonando nei cortili delle case di ringhiera. E li' , a Porta Genova, che un giorno entra Kramer, prende la fisarmonica e comincia a duettare con me su "Sola me ne vo per la citta' ": che spavento! Poi due giorni piu' tardi lo incontro per caso e mi dice: vieni con me, ti do duemila lire al giorno. E andata cosi' . Quindi sono venuti i Cetra, Natalino Otto, i grandi jazzisti americani...". "Ho cominciato presto anch' io a suonare la chitarra . dice Stefano . ma non per emulare mio padre. Piuttosto perche' avevo capito che attorno a chi suona ci sono sempre delle belle ragazze". "E io pensavo . rincalza Franco . che con Stefano di musica non si dovesse nemmeno parlare. Aveva un orecchio straordinario da bambino. Ascoltava gli assolo di Gerry Mulligan e li ripeteva a memoria. Ma quando a sei anni l' ho messo al pianoforte con una insegnante e' stata una delusione. Non aveva voglia di studiare...". "C' era anche la vecchia storia dello scontro fra padre e figlio . continua Stefano ., sono stati i Beatles a spingermi verso la chitarra, non il jazz. Ma quando ho cominciato a strimpellare non pensavo di vivere di musica. Poi il Capolinea mi ha stregato. Ci andavo tutte le sere ma a mio padre non dicevo niente. Non gli ho mai chiesto nulla. Imparavo dagli altri, da Mario Rusca, da Guido Manusardi, da Sante Palumbo, non da mio padre. E poi non mi piacevo come chitarrista, c' era qualcosa che non andava. Forse . aggiunge ridendo . era la sua ombra che mi infastidiva. Credevo di avere scoperto Charlie Parker, Miles Davis, Jimy Hendricks. In casa nostra i loro lp colmavano interi scaffali ma io i dischi di mio padre non li ascoltavo: roba vecchia, pensavo. Poi ho scoperto il basso elettrico. Ce n' era uno al Capolinea e nessuno sapeva suonarlo. Ho provato io e ci sono rimasto attaccato: Remigi, Leali, Finardi mi hanno dato i primi lavori. Poi anche mio padre, dal ' 74 all' 80". "Ma non era felice . interviene Franco . forse ero troppo severo con lui. Pero' gli dicevo: sappi che il giorno in cui ti diro' che vai bene allora potrai credermi". "Ma io . Stefano ruba la parola a Franco . ero insofferente, mi sentivo a disagio. Uscivamo da una stagione difficile: la contestazione, la politica. Le incomprensioni fra padri e figli ci sono sempre state, figuriamoci allora e fra due timidi come siamo noi. Non riuscivamo a parlarci. Cosi' me ne sono andato e sono piombato in piena Swingin London. Suonavo dovunque anche per nulla, anche per poco. Imparavo molto e una sera il manager degli Yes mi dice: Vuoi venire in tourne' e con Jon, il cantante del gruppo che gia' era un mito? Quasi svengo, ma sono partito con lui per un lungo giro negli Stati Uniti. E li' che sono maturato e che ho capito di poter tornare a casa magari anche per confrontarmi con mio padre". "Era accaduto tutto senza che riuscissimo ad aprire un varco fra noi. Molto affetto . dice Franco ., molta comprensione ma c' era un muro, qualcosa...". "Ma no . lo interrompe Stefano . ero io: lui era Cerri e io che Cerri ero?". Adesso c' e' il disco con i due nomi in ditta, il disco che ha il significato di un incontro, di una pace fatta anche se di guerra non si e' mai parlato. Avete progetti per l' immediato futuro? Un desiderio segreto che vorreste esaudire? Franco risponde pronto: "Innanzitutto per il 1995 il disco delle mie nozze d' oro con la musica: cinquant' anni non sono uno scherzo. Magari da dedicare a Django Reihnard e magari con degli arrangiatori... ma e' presto per parlarne. Poi portare avanti il quartetto di chitarre che e' nato nella nostra scuola di "Musica oggi" e che suona anche nel nostro compact. Una bellissima esperienza che mi fa avvertire meno i sinistri scricchiolii delle mie ossa...". "Il mio progetto e' piu' semplice . interviene Stefano . continuare a fare cio' che mi piace e soprattutto continuare a insegnare, cosa che non avevo mai fatto e che mi aiuta molto a capire me stesso e la musica. Poi, se posso esprimere un sogno, allora vorrei abolire il Festival di Sanremo". ------------------------- PUBBLICATO ------------------------------ TITOLO: E ora vanno alla conquista dell' America - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Cerri padre e figlio in partenza per New York: si replica, a distanza di un anno esatto dalla prima, esaltante esperienza, l' iniziativa che vede il jazz made in Italy esibirsi "fuori casa", e proprio nella patria d' origine di quella musica. L' appuntamento e' ancora alla Town Hall, dove la sera del 9 maggio suoneranno diversi gruppi: l' Ambrosia Brass band, il De Filippi Marson quartet, il Jazz String Quartet, un quintetto italo americano con Maurizio Giammarco, il Dado Moroni Trio e il quartetto formato da Enrico Intra, Paolo Pellegatti e Cerri padre e figlio. Conduttrice della serata, Helen Merrill. Anche per questa trasferta si prevede la partecipazione di numerosi fans al seguito; per loro, un' agenzia di viaggi ha allestito due diversi programmi.
Autore: Franchini Vittorio
Fonte: Corriere della Sera
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