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16/05/2010 - Riccardo Zappa
Mi piace ricordare Stefano per il fatto che non avendo egli la patente, dovevo riaccompagnarlo fin sotto casa, verso l'alba, di ritorno da un concerto. Il terzo componente della band era Walter Calloni, e giacchè lui abita fuori Milano, l'accompagnatore ero sempre io. Dunque, per ogni concerto, con Stefano, ho condiviso il palco ed anche tanti chilometri di strada. E' anche così che si passa da un rapporto professionale a qualcosa di molto più consistente. E' il modo per confrontarsi con le parole.
Vedevo la figura di Stefano assai legata a quella di altre due persone: il padre e Walter (Calloni). Con quest'ultimo perchè anche un negato per la musica capiva immediatamente che loro erano due parti dello stesso ingranaggio nel momento in cui c'era da mettere in campo un portamento ritmico veramente degno di questo nome. Mentre il papà, essendo io un chitarrista, è stata un po' la mia figura di riferimento da che ero uno studentello in braghette corte. Avrò avuto dieci anni quando presi la guida telefonica e azzardai il numero corrispondente a Cerri Franco. Solo, che appena sentii rispondere dall'altra parte, riattaccai in preda al panico. Che tenerezza! Non avrei saputo esattamente cosa dire; era un po', come si usa oggi, chiedere un'amicizia senza disporre di un social network. Raccontai il fatto a Stefano, che si fece una bella risata. Poi mi capitò, finalmente, di stare nella stessa tavolata con Cerri padre in occasione dell’inaugurazione di una convention chitarristica a Soave. Mi dissi: adesso mi alzo, mi presento, e gli racconto la cosa. Beh, fu lui ad anticiparmi, e nella stretta di mano dirmi: “Sai che suoni in modo interessante?”
Ecco, Stefano era l’emanazione del padre per classe innata. Si potrebbe dire che questo avviene naturalmente fra padre e figlio. Niente di più sbagliato, specie se rapportato alla musica.
Stefano ha condotto una bella vita come persona e come musicista.
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